“Tu, Mio”: il Perù tra realtà e le pagine di un libro
“Nicola mi ha insegnato il mare senza dire:si fa così!”; lessi questa frase nel volo tra Roma-Madrid e subito capii che mi avrebbe aiutata durante tutto il campo.
Quel libro che presi in aeroporto fu solo l’inizio di quello che poi incontrai a Trujillo.
Era il mio primo campo con la LMS nonostante i tanti anni in CVX e nel MEG, ero contenta finalmente di affacciarmi anche su questa realtà.
Continuai a leggere il libro, potevo sentire gli odori e le voci, vedere i colori tra le righe in bianco e nero. Fissai a lungo quelle righe e come in un sogno mi trovai tra le strade di Lima. Intorno a me una realtà diversa da quella in cui son sempre vissuta: montagne di sabbia su cui sembrano solo poggiare alcune case di mattoni colorati di giallo, rosa, verde e vicino distese di “baracche” fatte di canna e paglia, rette da un gioco di equilibri e appese ai nostri sospiri.
Camminai tra la polvere e piano piano visi curiosi cominciarono a guardarmi amichevolmente, alcuni bambini si misero a giocare con me facendomi sentire parte di una realtà così lontana. Provai un forte fastidio nel vedere, quasi accanto, un quartiere ricco di palazzi, locali sul mare e le persone ben vestite; quel contrasto entrò nel mio cuore mettendolo in guerra con me stessa.
La battaglia che sentivo dentro mi accompagnò tra il deserto che mi portò fino a Trujillo. Lì l’incontro con Judith e il CAEF, le sue parole di benvenuto furono il primo passo per far cessare quella lotta che sentivo dentro.
I primi giorni furono complicati: le difficoltà con la lingua, il dolore sul volto delle mamme, la povertà davanti agli occhi e non più letta tra le righe. In quel momento tornò la frase del libro nella mia mente: avevo tutto davanti ma nessuno mi diceva nulla, eppure stavo già imparando tanto.
La prima cosa che ho imparato è stata la forza della condivisione col gruppo: tutti noi vivevamo forti emozioni, le stesse difficoltà che ci hanno poi unito. Condividere il bello e il brutto di ognuno di noi ci ha permesso anche di chiedere aiuto e di scoprire quanto fosse importante potersi sostenere a vicenda, arricchirsi delle nostre emozioni così simili e così diverse allo stesso tempo.
Pian piano in me son entrate tante cose: l’amore dei bambini, le loro storie, la forza delle madri e la determinazione degli operatori. Son entrata in punta di piedi nelle loro vite e loro mi hanno spalancato tutte le porte; mai avrei immaginato tanta fiducia non solo verso la mia persona ma anche verso le mie competenze professionali. Quest’aspetto si è mescolato tanto nel mio lavoro al CAEF, mi ha permesso di sperimentarmi e di sentirmi veramente capace di dare qualcosa di utile e di importante a chi poi tutto l’anno spende la propria vita per un sogno d’amore.
Sono tante le immagini che mi porto dietro: i volti e gli abbracci dei bimbi, le lezioni nelle classi, le preghiere, le condivisioni, i giochi e la piscina, le partite di pallavolo, le lacrime, le paure, la polvere, i cani randagi. Potrei stare ore su ogni piccolo particolare. Ma se penso a questo mese in Perù, vedo in me una crescita personale a tutto tondo: vedo una ragazza che sceglie di vivere la sua vita non più tra i dolori e i rimpianti su ciò che avrebbe potuto fare ma che sente una grande serenità e gioia che la portano a dire GRAZIE per quello che ha e che ha avuto in passato. E questo grazie lo dice non più tra le lacrime ma col sorriso ma non per questo con meno emozione.
Questa ragazza si porta dentro un percorso soprattutto di Fede, perché lì dove ha sentito più male non è rimasta sola ma ha trovato delle risposte e una grande consolazione, trasformando il suo dolore in qualcosa di sereno e soprattutto libero.
Quella stessa ragazza è ora di nuovo sull’aereo che da Madrid la sta riportando a Roma, sta leggendo il suo bel libro ed ecco che nuovamente viene colpita: “Il segreto di Caia mi era stato offerto in dono, visto con i miei pensieri non l’avrei acquistato”.
Chiuso il libro capì che quell’esperienza era entrata dritta dentro di lei e presto avrebbe sentito profondamente il desiderio di non perderla ma farla crescere e testimoniarla.