Luigi Bartone

Penso .....

Penso a come descrivere la mia testimonianza al CAEF e credo che il modo migliore sia nel cercare di capire “il perché” di una scelta che si ripete puntualmente ogni anno.

Il Perù è per me, grazie alla LMS, un luogo familiare. Dalla prima volta che sono arrivato nella Campiña de Moche non ho mai sentito “estranea” questa terra e i suoi abitanti mi hanno sempre fatto sentire un persona “di casa”. Ma questa premessa non è una base sufficiente per stabilire un legame stabile con un luogo, con delle persone.
La prima certezza arriva subito alla mia mente, basta cercare nella natura principale del mio viaggio: una condivisione piena (ma parziale nel tempo) della mia vita con i bimbi, con gli operatori del CAEF e con gli altri componenti del gruppo. Io ritrovo negli sguardi semplici di quei niños, nelle loro espressioni gioiose e tristi, non solo una richiesta di attenzione nei nostri confronti, ma il riflesso e la porta dei miei sentimenti.

Anche per me che non manifesto con facilità i miei stati d’animo, diventa difficile mantenere una seppur minima distanza. Il mio modo di fare si adatta immediatamente alle circostanze, la mia iperattività diventa quasi spirito di servizio, come se il tempo non riuscisse a contenere quanto il mio cuore vorrebbe fare per loro. Poi però mi fermo un attimo e rifletto su quanto accade: comprendo che loro mi aiutano a depurarmi da quanto c’è di superfluo nella mia vita normale, mi fanno persino vedere con i loro occhi di bambino i lati “spontanei” del mio carattere.

Gli operatori del CAEF sono per me un dream team: dalla carismatica Judith, che considero come una madre, a Maria Josè, Vanessa e Melania che curano ogni bimbo con un’attenzione veramente speciale, a David, Edith e Giovanna che sanno di lavorare nell’isola di Peter Pan.
Ho per loro molta stima ed ammirazione, non è facile guardare ai problemi altrui in un paese del Sud America ed è ancora più difficile occuparsi di bimbi molto fragili ed immaginare per loro un futuro ed una vita normale.

I ragazzi del campo poi, ma non per ultimi, sono sempre una grande e piacevole sorpresa. Innanzitutto tutti mi sopportano (o quasi) nonostante il mio “particolare” carattere e poi ognuno si integra e rende possibile una comunione di esperienze che solo in Perù ho trovato. La parola d’ordine è mettersi in gioco ed offrire le proprie risorse ed i propri limiti, sapendo che juntos se puede. A capo di questa pattuglia di volenterosi c’è sempre una guida “spirituale” e non solo, capace di rendere ogni istante un momento di fraternità. Chi lo conosce sa che Cambiaso o PC, così ci piace chiamarlo, sa parlare di argomenti seri scherzando e viceversa, ma sempre con la massima attenzione allo stato d’animo di chi si rivolge a lui.

In questa ricerca sento di percepire quindi altre certezze che rendono “il mio Perù” molto speciale, qui trovo negli altri l’umanità di chi sa abbandonare il proprio egoismo, la testimonianza di fede e vita cristiana.
Cerco di cogliere a piene mani questi frutti che mi vengono offerti e per fare ciò abbandono i miei “usi e costumi europei”, trovando nella riscoperta dell’essenziale una grande serenità.


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