Storie di giorni color Esperanza
Quando arrivi al CAEF dopo aver visto le distese di case di fango che circondano Lima, tiri un sospiro di sollievo. Anche in questo paese che sembra dimenticato da Dio esiste un posto colorato d’amore!
I bimbi del CAEF hanno preparato un murales per noi: due bambini innaffiano una rosa. Nel cielo, ognuno di loro ha scritto il proprio nome su una stellina. Tante altre stelline aspettano che ogni volontario italiano scriva il suo. Nello spazio celeste del murales le nostre vite cominciano ad incrociare quelle dei bimbi.
Durante le prime condivisioni ciò che salta fuori è un forte senso di impotenza, soprattutto fra di noi, i “nuovi arrivati”. La domanda che ci accomuna è come poter aiutare, come poter essere all’altezza di quel murales in cui i bambini e gli educatori del CAEF si auspicano l’inizio di una storia d’amore comune sin preguntas ni barreras.
Per fortuna, già col primo giorno di lavoro la barriera linguistica e le domande occidentaleggianti su come poter ottimizzare i tempi e produrre il miglior risultato ci lasciano. La preghiera di Judith ha sortito il suo effetto: hoy es el momento de los que creen, tienen esperanza, suenan y aman…Ci svegliamo sapendo che “oggi è il momento di quelli che credono, che hanno speranza, che sognano e amano” e questo basta.
I primi giorni di vita al CAEF sono duri. Ci siamo divisi in tre gruppi. C’è chi lavora a Taquila, periferia industriale di Trujillo dove le mosche e l’odore di sterco la fanno da padrone. C’è chi si dedica ai lavori di muratura o ai laboratori con i bambini nel poverissimo villaggio di Torres de San Borja. C’è chi resta al CAEF, con bimbi che hanno storie di violenze subite, di abbandono o di estrema miseria.
Tutti i bambini, che siano del CAEF, di Taquila o di Torres vengono verso di noi abbracciandoci, coccolandoci. Ancora un momento di spiazzamento: non dovevamo essere noi ad aiutarli? Questi bambini ci amano senza conoscerci, non per ciò che facciamo ma per il semplice fatto che esistiamo. Non esiste una miglior lezione di fede che questa.
Facciamo subito nostro questo esempio d’amore. I nostri pomeriggi si animano di progetti su come poter agire. Il laboratorio di maschere e di riciclo, il gioco sulle figure geometriche, una lettura dal Piccolo Principe, cruciverba e crittogrammi per insegnare il vocabolario e stuzzicare l’intelligenza. Ogni mattina, mentre il mototaxi ci porta a Torres, siamo sempre un po’ emozionati e non vediamo l’ora di arrivare. Siamo impazienti di donare il meglio di noi.
C’è un’altra sorpresa. Tre di noi hanno il privilegio di poter vivere una giornata di lavoro con tre genitori del CAEF. Davide andrà a lavorare in un campo di broccoli con il signor Martin, io e Anna accompagneremo due donne nelle loro fatiche quotidiane. Le nostre tre storie saranno accomunate da un grande insegnamento: quello della cultura dell’accoglienza. La signora Maria mi aspetta con del pane fresco e una zuppa di patate dolci, si fa in quattro per trovare sedie sulle quali farci accomodare.
Racconta la storia della sua vita ed è per me un regalo e una promessa. Poi la accompagno nei suoi lavori: la preparazione del pranzo, la raccolta del mangime per i suoi tre polli. Nella sua casa senza finestre siamo diventate sorelle: mi chiede della mia famiglia e della mia vita in Italia. Ci salutiamo in un lungo abbraccio.
Nell’ultima settimana ci aspetta un viaggio verso il sole. Usciamo dalla nuvola che sovrasta Trujillo per portare i bimbi in vacanza in un paese pre-andino. Kikki, Sandra, Kekka e Gian hanno organizzato tre meravigliosi giorni di giochi. Il tema è la storia di Harry Potter. Sono giorni talmente carichi di emozioni che, come dice Massimo, “hai l’impressione che il grano che ricevi sia talmente abbondante che devi stare attento a chè non ti scivoli dalle mani”. Quando Angelito e Alfredo alzano in aria la coppa del primo posto perché la loro squadra (i Grifondoro) ha vinto, tutti – bambini, educatori e volontari - si commuovono. Sono due scriccioli che tendono le loro ali verso il cielo e nel loro esultare sentiamo che ognuno di noi ha qualcosa per cui festeggiare e ringraziare.
Quando già la malinconia pre-partenza comincia a farsi strada, ecco che ci aspetta un’altra giornata da passare con i bimbi che non sono potuti venire al campo. Nel pomeriggio Martina ha l’idea di fare un laboratorio con loro: ognuno sceglie una maschera da pitturarsi in faccia. Ecco sfilare davanti a noi farfalline, pirati, vampiri e principesse. Quando i bimbi vanno via, siamo noi a pintarci la cara color esperanza per regalare a Judith e alla bravissima équipe del CAEF un ricordo di questo mese di condivisione. La canzone che accompagna il video che realizziamo recita saber que se puede, querer que se pueda, quitarse los miedos, sacarlos a fuera, pintarse la cara color esperanza, tentar al futuro con el corazon.
Il momento della partenza arriva e ci separiamo dalla casa con l’augurio di ritrovarci. L’auspicio del murales si è realizzato, in un mese abbiamo condiviso una grande storia d’amore.
Vedere per la seconda volta la periferia di Lima fa un altro effetto, ora sappiamo che si può creare uno spazio di sentimento e solidarietà anche nei luoghi più abbandonati. Torniamo in Italia con la consapevolezza che un nuovo tempo di impegno e di gioia sta cominciando per noi e che non siamo soli. I sorrisi dei bambini che abbiamo incontrato saranno una luce e un richiamo alla preghiera e all’azione.