Alessandro Rea

L’amore in azione - Dal deserto agli occhi di un bambino

I colori accesi, la voglia di fare, la gioia di vivere, la speranza di una donna, l’amore di genitori negato ai propri figli, la forza di ragazzi e ragazze pronte a riscattare il proprio passato... Tante sono le emozioni che provo pensando alla Casa de Tuty, che lentamente è diventata anche casa mia, non tanto perché, lavorando con i bambini della casa ho vissuto nella casa tutto il giorno tutti i giorni, ma perché oltre ad una casa ho trovato una famiglia. Una famiglia fatta di volontari con cui ho condiviso tutto e che mi hanno regalato attenzione, affetto, amicizia, di educatrici che con affetto materno si sono preoccupate della mia salute quando non stavo bene, ma soprattutto di bambini, che mi hanno fatto emozionare, mi hanno fatto sentire bambino e padre allo stesso tempo. Le immagini della mia esperienza in Perù scorrono veloci come fotogrammi di un rullino come se il tempo non fosse passato. Le vedute degli ampli orizzonti in un deserto che sembra dimenticato dal mondo hanno avuto senso solo quando sono arrivato al CAEF, quando il mio sguardo si è incrociato con quello dei bambini. Una volta cominciato il servizio con i bambini del CAEF pensavo che mi sarei occupato principalmente di insegnare qualcosa di puramente didattico. Ben presto mi sono ricreduto. Ho capito che quello che potevo dare davvero era il mio affetto, il mio amore, che nei momenti di stanchezza e di sconforto mi ha dato la forza di andare avanti. Ed è proprio quando dopo tanto lavoro ho ricevuto da alcuni bambini bigliettini colorati con su scritto ‘Te quiero mucho con mi corazón’ oppure ‘Gracias por tu amistad’ che ho capito che quello che sono andato a portare non era soltanto qualche gioco pur se istruttivo ma una speranza per il futuro, per il loro futuro, un modo per dire ‘Sono con te. Ce la puoi fare! Anzi, ce l’hai già fatta!’ È stato difficile separarsi dai bambini, soprattutto sapendo che in quel momento stavano provando ‘una mezcla de tristeza y felicidad por este agosto’. Tuttavia, la ‘despedida’ non è stata molto lacerante, almeno per me, forse perché sapevo che erano in mani sicure con l’equipe di educatori, la cui professionalità ed energia ammiravo ogni giorno. Oggi però che non sono più al CAEF quei bambini con cui ho condiviso gran parte del mese di agosto mi mancano. Vorrei ancora accompagnarli a scuola la mattina, giocare con loro, disegnare con loro, sapere come stanno, cosa provano, vederli cantare e ballare al ritmo di ‘Te vas’ o ‘Dos morenas’. Che cosa mi ha lasciato questa esperienza allora? Innanzitutto, la sensazione di una nudità spiazzante, prodotta in gran parte dalla semplicità dei bambini, che mi ha permesso di far venire fuori aspetti di me che tengo quasi semore nascosti. Soprattutto, però, il CAEF mi ha fatto tornare ad emozionarmi per il bello che c’è nei bambini e ad indignarmi per le ingiustizie che hanno subito. Sono felice di aver fatto quest’esperienza perché mi ha aiutato a vedere il bello anche nelle situazioni difficili anche se sarebbe bello se non ci fosse bisogno di fare questo tipo di esperienza per vedere le cose belle della vita. A conclusione di questo mese, quindi, auguro a tutti i ragazzi e le ragazze di vivere un’avventura come quella che ho vissuto io perché possano scoprire la bellezza di commuoversi anche delle piccole cose che la vita ci propone.


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