Dia 8 y 9: Aspro riposo
Sabato, come in ogni altra casa, è un giorno di riposo da passare in famiglia. La mattina non inizia molto più tardi del solito; i muri del Caef si riempiono di voci già da mattina presto, e inizia la corsa verso caffè e colazione. La mattinata scorre in fretta; tra palla avvelenata, partite di calcio e balli di gruppo i sorrisi di certo non mancano.
Il pranzo è organizzato in grande, con il ritorno di ragazzi e ragazze che hanno vissuto nella Casa de Tuty e, una volta raggiunta la maggiore età, sono usciti, ma ricordando i bei momenti e colmi di gratitudine, tornano per condividere ancora una volta gioco e risate con i bambini o fratelli ancora qui. Mi intrometto un attimo (Titti) per raccontare l’incontro con quelli che chiamano “ex Caef”, ma che a me piace definire i nostri pequenos. R., M., J.M., G., A., T. arrivano alla spicciolata per il pranzo: l’amore e l’affetto non hanno abbandonato il loro cuore; anzi, quando i nostri occhi si incontrano, gli abbracci nascono spontanei, la stretta trasmette un’energia enorme e subito mi sento attraversata da una forza che conosco. Dopo pranzo ci troviamo seduti tutti intorno al divano: uno ad uno ci raccontano le loro vite: “Io sto molto bene, ho finito il mio ciclo universitario con ottimi voti e ora non vedo l’ora di iniziare il secondo per poter dare di più, perché in questa casa ho imparato cosa mi serve ed è importante per andare avanti!” ci dice G., fiera di come ha iniziato il suo percorso a Luz de Vida. Li ascolto compiaciuta, non solo per il percorso che stanno facendo, ma anche per come parlano tra di loro, della complicità che hanno, e in un baleno mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, di vivere la casa con loro e sento di nuovo forte la presenza di Judith in mezzo a noi. Sarei rimasta lì seduta con loro ore ed ore, ma il tempo è tiranno quando lo vivi intensamente, così ci ritroviamo all’entrata per un’ultima foto, stringendoci forte e promettendoci di rivederci per continuare a raccontarci. Si chiude la porta dietro di loro e io mi sento seduta su un’altalena di emozioni, ma quella predominante è l’orgoglio: per loro, per il futuro che sognano e perché so che dall’alto c’è chi li sta sostenendo e aiuta anche noi a stargli accanto.
Una volta finito di mangiare, si sistema il comedor e si lavano i piatti; ultime partite ad achiapparella, ultime acconciature e poi si parte in direzione Trujillo.Nel weekend, infatti, non si svolgono le attività solite, ma i volontari hanno la possibilità di uscire e visitare la città e le zone limitrofe. Durante il pomeriggio del sabato c’è chi decide di andare a fare compere o chi semplicemente di godersi una passeggiata tra le vie del centro, per poi ritrovarsi tutti insieme in un ristorante dove mangiare, ma soprattutto staccare un po’ la testa e lasciarsi andare al ritmo della cumbia
La domenica mattina, un gruppo visita l’area archeologica di Chan Chan, mentre il resto si concede un po’ di riposo e con calma si dirige a Huanchaco, cittadina sul mare, dove poi ci si ritroverà per pranzare in riva all’oceano.
Le bellezze godute durante i due giorni lasciano però un retrogusto amaro: noi usciamo mentre i bambini, per la loro sicurezza, devono restare qui. Fantastico è il lavoro degli operatori che in ogni modo provano a non tarpare le ali della curiosità; purtroppo, però, i disegni su queste mura non soddisfano la voglia di vedere il mondo, che si legge forte nei loro occhi quando è ora di salutarli per uscire
Andrea (Ferrara) e Titti (Cagliari), 11.08.2024