Dia 3 - Contrasti: una vita d'amore e il mostro del cemento

Nella mattinata di oggi siamo andati a vedere il Cono Sur, la periferia a sud di Lima, nella quale siamo entrati in contato con l'associazione CEPROF, un centro che attraverso spazi, come la biblioteca, accolgono e aiutano bambini del quartiere, principalmente con disabilità, accompagnandoli in un percorso di scolarizzazione. Questa bellissima organizzazione è gestita da Maruja, una donna che ha vissuto fin da quando era bambina in questo posto, insieme ad altre persone come Carmen, un'altra donna peruviana che ha vissuto con lei fin da bambina, Daniela, una donna italiana di Trento che ha deciso di trasferirsi a vivere lì con loro più di vent'anni fa, e altre donne da Maruja citate, come sua sorella, che non abbiamo avuto il piacere di conoscere, ma che ci sono state solamente raccontate.

Oggi è stata una giornata intensa: ho visto con i miei occhi l’ingiustizia della povertà estrema, ho visto costruzioni “normali” che piano, piano venivano inghiottite sempre più da baracche piene di amianto; ho visto un mondo parallelo fatto da case fatiscenti abitate da persone che hanno l’unica “colpa” di essere nate nella parte “sbagliata” del mondo.

Ho sentito racconti di violenza, paura, sfiducia.

Ho visto un “sottosopra” che sembrava tirare dentro anche me, che mi stava iniettando rabbia, incredulità, incapacità. Eppure proprio lì ho visto la forza della reazione, di non arrendersi a una realtà che sembra immutabile.

La forza di donne che creano speranza, la capacità di creare Luce dove sembra che l’oscurità sia invincibile. Donne come Maruja che creano una scuola, poi un progetto che accoglie bimbi disabili o provenienti da famiglie disfunzionali e dà loro la possibilità che tutti i bimbi dovrebbero avere. Maruja ci parla di un contesto di corruzione, di violenza dove i più deboli non hanno speranza. Chiedo proprio a lei: "Cosa ti ha spinto a creare tutto questo? E cosa ti dà la forza per andare avanti nonostante tutto?”. Lei mi risponde così: ”E’ la mia vita, non ho molte altre parole per spiegare meglio”. Questa risposta lascia me senza parole, va dritta al mio cuore e mi apre un mondo, capovolgendo dalla parte giusta “sottosopra” in cui ero precipitato poco prima. Quando stiamo andando via ci scambiamo un sorriso, la ringrazio più volte e lei mi risponde: “Grazie a ti”. Sul momento mi chiedo: "Ma come grazie a me?”, poi mi dico che già il solo essere qui e avere la possibilità di raccontare quello che vedo è un piccolissimo contributo a ciò che lei e le persone che le persone che le stanno vicino hanno costruito. Ci abbracciamo, un abbraccio forte e intenso, io sento che dopo questo abbraccio, ho già ricevuto tutto ciò di cui avevo bisogno. Incredibilmente sono grato e, dopo la rabbia iniziale, sono riappacificato, non rassegnato di fronte a tanta ingiustizia e sofferenza. 

Domenico (Bologna)

Oggi ho sentito una forte risonanza con le parole di Maruja.

Mi hanno colpito la sua forza e la sua determinazione nel portare avanti la sua causa, la sua ragione di vita, che è quella di creare uno spazio accogliente e sicuro per l’educazione di ragazzi con bisogni educativi speciali. Da psicologa anche io mi trovo a svolgere una professione simile nelle scuole, e ho trovato molti punti di contatto seppur in un contesto fortemente svantaggiato. Mi ha colpita una frase scritta sulla parete, una frase della quale sono fortemente convinta che è lo stesso messaggio che cerco di trasmettere nel lavoro di sensibilizzazione che svolgo: “I bambini con bisogni educativi speciali non hanno una malattia, ma una condizione. Non stiamo cercando una cura, ma una accettazione”.

Mi ha molto colpito leggere queste parole perché trovo questo concetto fondamentale. Nel vedere quelle aule, i giochi, i libri, ho pensato molto al mio lavoro. Questo mi ha fatto sentire parte di un progetto molto grande, che al di là delle differenze e le difficoltà legate al contesto in cui opera Maruja, si nutre dell’amore e della convinzione di poter fare una differenza nella società, portando un messaggio che va oltre l’educazione dei ragazzi e che è rivolto alle persone e ai loro pregiudizi. Dopo la visita al centro educativo, Carmen ci ha mostrato il “mostro di cemento”; una fabbrica che inquina le strade e le vite dei residenti limitrofi. Le piante e le case appaiono ricoperte da uno strato di polvere biancastra che rimanda all’oppressione subita dal popolo, vittima delle decisioni spietate del governo che vanno a favore del profitto di pochi e lo svantaggio di molti. Non c’è acqua corrente, né servizi, né diritti per i residenti in quella zona. Ma una musica latina risuona da un altoparlante quasi a ricordare che la voglia di vivere va oltre questa ingiustizia, la vita non si ferma, combatte e resiste con molta difficoltà

Alessandra (Roma)

Nel pomeriggio siamo tornati in Hotel dove, dopo aver mangiato e aver avuto un momento di pausa, abbiamo tutti insieme avuto un momento di condivisione conclusivo delle giornate a Lima, nel quale abbiamo parlato delle emozioni che questo giorni in questa città così piena di contrasti e contraddizioni ci avevano suscitato.

Le condivisioni con i compagni di viaggio sono una grande ricchezza che amplia e completa emozioni, sensazioni e pensieri e aiuta a metabolizzare tutto questo. Parliamo dei contrasti che abbiamo osservato in questi giorni, ad esempio tra il quartiere ricco di Miraflores e il contesto di degrado che oggi ci ha ospitati. E’ davvero iniziato questo campo che ci porterà domani al CAEF. Lo spirito con cui andremo sarà sicuramente più pronto dopo la giornata di oggi.

Non ci resta che brindare all'inizio di questo campo e non aspettiamo altro che arrivare al CAEF !

Alessandra e Domenico



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