Quanta vita
Questa mattina mi hanno svegliato le grida gioiose dei bambini. Credo fossero le sei, forse anche prima. La mia prima reazione è stata chiedermi: “Ma cosa avranno da fare a quest’ora?” La risposta era semplice: giocare. E nonostante il sonno spezzato dentro di me ho sentito una felicità pura.
Non avevo dormito molto bene: mi sono svegliato con un turbine di emozioni, sensazioni difficili da descrivere. Credo sia stato il pensiero costante che oggi sarebbe stato il mio ultimo giorno di presenza fisica qui al CAEF. Già al mattino sentivo addosso un peso dolceamaro.
La mattinata però mi ha riempito di luce. Insieme ai miei compagni abbiamo deciso di lasciare un segno colorato nel Patio, dipingendo diversi giochi a terra. È stato rilassante (quasi terapeutico) farlo insieme, con la musica che ci accompagnava. Il momento più bello, però, è arrivato alla fine, i bambini che guardavano quei disegni con occhi spalancati, pieni di stupore. Nei loro sguardi già vedevo nascere mille modi di saltare, correre, inventare giochi. È stato un regalo per me, ancora più che per loro.
Poi abbiamo suonato L’isola che non c’è in spagnolo. I bambini l’hanno cantata a squarciagola, con una forza che ha dato alla canzone un significato veramente potente. Mi sono emozionato tantissimo.
A pranzo ci ha raggiunto Ambra con la sua famiglia, ed è stato un momento molto piacevole.
Il pomeriggio è stato speciale. Con il nostro gruppo abbiamo proposto un disegno guidato, accompagnato dalla chitarra. È incredibile come la musica riesca a tirare fuori emozioni e colori: i bambini hanno creato dei veri e propri capolavori. Poi ci siamo messi a fare braccialetti, a decine, e alcuni me li hanno regalati con grande generosità. Nel frattempo abbiamo cantato insieme tante canzoni Disney, e le voci delle bambine che si univano alla nostra hanno reso tutto ancora più magico.
Il momento più intenso, però, è arrivato con i saluti. Sapendo che presto sarei partito, tutti i bambini si sono riuniti nel Salón per salutarmi. Mi hanno donato quello che avevano, ma cariche di significato. Io l’ho sentito fortissimo: mi hanno lasciato tanto, ma so di aver lasciato anche io qualcosa a loro, nel cuore e nella mente. Ho capito ancora una volta quanto questa casa abbia contato per me, quanto mi abbia aiutato a scoprire chi sono e cosa porto dentro.
La giornata si è chiusa con la condivisione, tra lacrime e abbracci, e poi con una cena ricca e festosa.
Mi sento grato, per i bambini, per il gruppo, per tutto ciò che ho vissuto qui. Spero davvero di aver lasciato una traccia significativa, come quella che loro hanno lasciato in me
Luca, 27 anni, prima volta in Perù.