Dia 16 - giorni nel giorno

Mercoledì 10 agosto, 6 della mattina, la sveglia suona ed io rapidamente cerco con la mano il telefono per spegnerla. Gli occhi lentamente si aprono, la testa inizia ad inviare i primi segnali, le gambe si muovono ed il cuore si prepara ad accogliere nuove emozioni.

Ad aspettarmi in cucina trovo Elisabetta, caffè?

Usciamo rapidamente con il primo gruppo di bambini, direzione: scuola. Oggi la loro sveglia, complice la giornata intensa vissuta ieri in piscina, sembra essere suonata un po’ dopo, siamo in ritardo e per questo acceleriamo il passo. Lungo il tragitto mi trovo ad essere divisa tra D. e N. Abbracci veloci ma intensi, sorrisi timidi ma profondi, ci salutiamo, e rapidamente rientriamo a casa.

Oggi per me e altri 5 compagni è una giornata particolare.

Oggi finalmente prende vita il progetto “compartir”, il progetto che prevede l’incontro con le mamme che, a causa delle loro condizioni di svantaggio, rientrano nel programma di consegna degli alimenti. Il nostro compito è quello di comprovare, attraverso una visita alle loro case, la loro effettiva condizione di vita, per valutare se continuare ad includerle o meno nel progetto.

Prima di uscire facciamo un po’ il punto della situazione, ci accertiamo di avere tutto e ci incamminiamo verso la fermata del “combi”. I Primi appuntamenti sono alle 9 davanti al municipio del paese. Per una questione di sicurezza ci siamo divisi a coppie, Io e Francesco, Alessandra e Nino, Giuliana e Simone.

Cosa troveremo? Saremo in grado? Sarà pericoloso? Cosa vedremo? “Oh raga tenete il telefono e i primi che finiscono chiamano, ci ritroviamo qua”, la voce di Francesco mi riporta alla realtà.

Mi guardo attorno e per un momento, anzi più di uno, mi sembra di essere la protagonista di una scena di un film. Quella condizione di estrema povertà, di difficoltà psicosociale che da tempo leggevo sui libri, ora è qua, davanti a me ed io ne sto facendo parte.

L’oceano con i suoi contrastanti rumori, il cielo grigio, bigio, cupo, il vuoto intorno, i cani randagi, gli occhi curiosi che sbucano dietro le tende, il silenzio assordante di un paese fantasma, dove sono? cosa sto provando?

Nel mentre arriva Adela, una giovane mamma con il suo bimbo di 2 anni, si scusa per il ritardo, ma noi già lo sapevamo, piano piano ci stiamo abituando a questi ritmi peruviani. Ci accompagna nella sua casa, e così tra una domanda e l’altra, tra un’osservazione e l’altra, tra un “Ma tu hai visto che situazione?” “Oh ma cosa ti sembra” “Ma che ha detto? “Oh ma qua dobbiamo fare qualcosa”.., ci troviamo all’ultimo incontro della mattinata. Il tempo scorre veloce a differenza di quello che sembrano vivere queste persone.

Ci riuniamo con il gruppo e dopo un momento di confronto rapido, rientriamo a casa.

Ci aspettano per il pranzo.

Intanto al caef proseguono i lavori, c’è chi si occupa della costruzione del muro, chi dell’inventario dei farmaci, chi di quello dei vestiti, chi si diletta in cucina, chi sta con i bambini. Tutti al proprio posto, tutti impegnati a svolgere le loro attività, tutto è in ordine, tutto, a parte le nostre emozioni. Ci guardiamo, siamo alquanto provati e Mari, la responsabile della casa e del progetto, ci accoglie come avrebbe fatto una mamma con i bimbi dopo la prima giornata di scuola.

Confronti, consigli, domande, risposte e via pronti per completare le visite programmate per la giornata.

 

Le mamme del pomeriggio fanno tutte parte della stessa famiglia, indossano sorrisi smaglianti e occhi radianti, ci accolgono nelle loro case, costruite con scarti di materiale e rattoppi, dove nonostante gli odori molto forti, si respira amore, gioia e felicità. Ci confessano che dall’agitazione e dalla voglia di incontrarci le loro figlie sono rimaste a casa da scuola. Ci sentiamo enormemente grati. Osserviamo con molta discrezione le loro case, ascoltiamo umilmente le loro storie, con delicatezza porgiamo loro domande, raccogliamo le informazioni necessarie ed ecco arrivare le 16.30, ora di rientro.

Il resto del gruppo ci aspetta a casa, prima di rientrare però facciamo una tappa rapida alla “tienda” per recuperare qualche dolcetto e un po’ di cioccolato. Ne abbiamo decisamente bisogno. Le emozioni sono tante ma per noi non è ancora arrivato il momento di lasciarle riposare.

Oggi è una giornata particolare, oggi è quel giorno che io personalmente non avrei mai voluto arrivasse, o almeno non così rapidamente, oggi è il giorno che segna la metà di questa esperienza e il gruppo ha un altro appuntamento importante: la condivisione lunga seguita da una fantastica cena all’italiana, fuori menù? Spaghetti al pomodoro con grana padano.

Dopo un momento di raccolta dove ognuno di noi è chiamato a fare il punto della situazione, tra voci singhiozzanti, occhi lucidi e schiene doloranti ci avviciniamo alla cucina, e dopo aver ringraziato i compagni cuochi, finalmente ci gustiamo un vero piatto italiano condito con amore e passione.

 

 

Mi estraneo un secondo, ci guardo come se fossi un osservatore esterno, ci vedo li, davanti ad un semplice piatto che però da oggi avrà tutto un altro sapore.

Riguardo il telefono, è ancora il 10 agosto, san Lorenzo penso, è la notte dei desideri ed io, da buona romantica, nonostante il cielo sia completamente coperto decido di esprimere il mio desiderio perché dopo la giornata di oggi direi che di stelle ne ho viste, eccome se ne ho viste.

Guardo l’ora, sono le 23.30, che strano, è lo stesso giorno di questa mattina.

Ah io sono Rachele e se non si era capito, mi piace vivere di emozioni.

 

Rachele (Verona)


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