17 Gennaio 2024
Sono tornata al Caef,
più precisamente nella “Casa de Tuty”, dopo sei anni di lontananza (fisica), 4 giorni fa, e scrivo questa pagina di diario sul letto singolo che durante i campi dividevo con la mia amica Kikki.
Per così tanti anni questo posto è stato la mia casa, non in senso metaforico ma in senso vero e proprio: per dieci anni tutto quello che ho fatto quando ero in Italia era lavorare per poter tornare in Perù; dove rimanevo 3 o 6 mesi, proprio qui, nella Casa de Tuty. La famiglia del Caef mi ha aperto le porte di questa casa da subito, senza chiedere né pretendere da me chissà cosa ma fidandosi di me e accogliendomi come una figlia, come una sorella. Dalla prima volta, agli anni a seguire, mi sono sempre sentita nel “mio” posto; credo che questa sensazione sia la stessa che provano molti dei miei compagni ed è quello che credo crei quel legame unico e indissolubile per cui la missione del Caef diventa anche la propria.
Negli anni, infinite volte mi sono seduta davanti a Mari e Judith: ad ascoltare, a rivedere, a programmare, a studiare, a sognare, rafforzando e curando quella che oggi è una bellissima amicizia e un sincero e proficuo rapporto di lavoro. Mi è costato tanta fatica, lacrime e mal di stomaco ma oggi sono molto orgogliosa di quello che abbiamo creato con Mariajosé: una relazione di fiducia che permette a tutto il lavoro di fluire nella giusta modalità.
Sono stata lontana per anni perché adesso ho due figli piccoli e la vita non mi permette di essere qui una volta l'anno ma nel 2018 ho scelto di lavorare con la Compagnia del Perù, proprio per far sì che tutto il lavoro degli anni precedenti non andasse perduto.
Oggi sono qui, ho preso un volo per stare qualche giorno in Perù, principalmente per abbracciare la mia amica Mary, che ha perduto sua madre, ma anche per portare l'affetto di tanti a tutta la famiglia del Caef, che ha perduto il suo pilastro: Judith, ma che, nonostante il dolore, non perde quella luce e quella forza che lei ha saputo infondere in ognuno.
Sono certa di poter dire che per tutte le persone che hanno incontrato Judith c'è un prima e un dopo: perché lei, la vita, la cambiava con poche parole; con la sua voce, con la luce dei suoi occhi o con uno dei suoi abbracci che ti rimettevano al mondo. Judith mi ha insegnato a credere, a combattere, ad ascoltare, a cambiare, a difendermi. La sua energia è qualcosa che va oltre il terreno ed è per questo, forse, che non sembra vero a nessuno che ora lei (fisicamente) non sia più qui. Perché lei c'è: è negli occhi di Mari, nelle sue parole, nel modo di parlare ai bambini, nella voce dei bambini e nei loro abbracci. Judith vive in tutte le nostre azioni, nei nostri sogni, nelle nostre lacrime e nei nostri sorrisi.
Tra le infinite cose che ho imparato da lei ce n’è una che mi sorprendeva ogni volta che veniva fuori: la sua filosofia del qui e ora; lei non si preoccupava troppo del domani, mi diceva che l'importante, in quel preciso momento, era far sorridere i bambini, il dopo lo avremmo visto a tempo debito, o come diceva lei, se ne sarebbe occupato Dios.
Certo, nei progetti come il nostro è difficile ragionare così ma funzionava e non lo voglio cambiare; anzi, mi voglio impegnare per applicarlo meglio anche alla mia stessa vita. Voglio continuare con Mariajosé a pianificare, a progettare ma sempre ponendo maggiore attenzione all’oggi, alla gioia di quel momento. Judith diceva: “è importante dare il massimo in quel momento, per quei bambini, per quelle persone, anche se non sono 1000 ma almeno staranno vivendo una vita degna e felice. Si può fare di più? Si può fare sempre di più ma in quel momento tu hai fatto il massimo”.
L'amore è stato il motore di tutta la vita di Judith ed è quello che ha insegnato a tutti noi: “El amor es todo”.
E’ proprio l’amore che mi ha riportato qui, che mi ha ricongiunto a Mari e mi ha “costretta” a mettere in pausa la mia vita frenetica per darmi la possibilità di tornare a vedere, a sentire, ad ascoltare, a ridere, ad abbracciare. Mi sono soffermata su ogni singolo abbraccio ricevuto dai bambini, me li sono goduti a fondo, tenendoli per tanto stretti al cuore. Penso di aver abbracciato tante volte Judith, ogni volta che la testa di un bambino si è poggiata sul mio petto. E’ stato incredibile e meraviglioso e mi era mancato tantissimo.
Ritorno a casa piena di forza, di vita, di energia e tanta voglia di portare questi abbracci pieni d’amore ai miei compagni.
Infinitamente grata
Ambre