Il vaso che si rompe e la luce che rimane
Oggi per noi della formazione è stata una giornata diversa dal solito, una di quelle che lasciano un segno profondo. Con i ragazzi più grandi abbiamo vissuto un piccolo “ritiro”, uno spazio lontano dalla routine per guardarsi dentro e riscoprirsi.
La mattina è iniziata come sempre: un momento di condivisione seguito dalla classica colazione.
Subito dopo ci siamo incamminati verso “Nonna Pina”, un luogo accogliente non lontano dalla casa di Tuty, ideale per passare l’intera giornata immersi in attività pensate per approfondire il rapporto con sé stessi.
Il primo momento è stato dedicato a un racconto sull’autostima letto da Francesco, seguito da una riflessione guidata da Alessandro sul brano dell’unzione a Betania (Matteo 26, 6-13). L’immagine della donna che rompe il vaso di alabastro colmo di olio prezioso per offrirlo a Gesù ci ha accompagnati lungo tutta la mattina.
Su questa immagine ho guidato un esercizio di mindfulness: ho chiesto ai ragazzi di immaginare il vaso che si spezza, l’aroma che si diffonde nell’aria, l’olio che scorre, e di collegarlo al valore che attribuiscono a sé stessi. Poi li ho invitati a rappresentare tutto questo con un disegno. Con le note di Einaudi in sottofondo, ci siamo messi tutti a creare, ognuno assorto nel proprio silenzio interiore.
Quando è arrivato il momento di condividere, mi è rimasto impresso (e mi rimarrà per sempre) il racconto di N. Nel suo foglio c’erano due vasi: il primo, infranto, dal quale sgorgava un olio azzurro — per lei simbolo di tristezza e dolore — circondato da frammenti di vetro. L’altro, integro e dipinto di giallo, rappresentava invece il suo valore: luminoso, prezioso, ma custodito con attenzione, da non mostrare a chi non lo merita.
Mentre parlava, la sua voce tremava. Nei suoi occhi si leggeva chiaramente il peso della sofferenza e delle ferite subite. Le lacrime hanno iniziato a scendere, ma con grande coraggio ha voluto terminare il racconto. In quel momento Alessandro, con la sua calma paterna, le ha chiesto se volesse scegliere qualcuno che potesse incarnare quel vaso sano, pieno di valore. Lei ha alzato lo sguardo, mi ha guardata con quegli occhi grandi, neri e molto profondi e mi ha scelta.
Mi sono alzata, raggiungendo il centro del cerchio. N. mi ha guardata un attimo e poi, senza esitazione, mi è corsa incontro stringendomi in un abbraccio lungo, intenso, pieno di emozioni. L’ho tenuta forte, accarezzandola piano, come per dirle senza parole: “Lascia a me, anche solo per un istante, il peso che porti. Non sei sola.” Ho trattenuto le lacrime, ma dentro ero profondamente commossa e avrei voluto portarle via tutto quel dolore…
Vorrei poter raccontare tutti i disegni, tutte le emozioni che sono emerse, ma so che nessuna descrizione riuscirebbe a restituire la profondità degli sguardi, delle parole sussurrate, dei silenzi carichi di significato.
Il pranzo e un po’ di riposo hanno spezzato la tensione: qualcuno ha cantato, altri hanno ascoltato musica, altri ancora si sono distesi sul prato lasciandosi cullare dal sole. Nel pomeriggio siamo ripartiti chiedendo ai ragazzi di scrivere una lettera a Dio. Nelle loro righe hanno affidato ringraziamenti, paure, sogni, desideri custoditi nel cuore. Hanno scritto con dedizione, e anche se il tempo per condividere era poco, ognuno ha voluto aprirsi almeno un po’. Anche qui ci sarebbe tanto da raccontare ma già mi sto dilungando troppo e poi non arrivate a leggere la parte di Davide.
Più tardi ci hanno raggiunti gli altri gruppi e le educatrici del CAEF, e insieme abbiamo celebrato la Messa. Al momento dello scambio della pace ci siamo abbracciati tutti: bambini, ragazzi, educatori, volontari. Un intreccio di mani e sorrisi che profumava di famiglia.
La giornata si è conclusa con una sensazione forte e chiara: era come se quel vaso di olio profumato si fosse davvero rotto e il suo aroma avesse riempito ogni spazio, avvolgendo ciascuno di noi. Un profumo che sapeva di lacrime, di gratitudine, di gioia e soprattutto di amore. Perché anche attraverso la sofferenza, a volte, si trova la strada per scoprire la parte più autentica di sé.
Arianna 30 anni da Roma, prima volta in Perù
Semplicemente felici
Stamattina mi sono svegliato e, dopo una bella doccia fredda, nonostante le poche ore di sonno, ho accompagnato i bambini a scuola. Ogni giorno molti di loro mi chiedono di andare insieme perché vogliono salire sulle mie spalle e questo è quello che mi fa accettare l’impresa più ardua da compiere.
Per il resto della mattinata io e Anna ci siamo dedicati all’arte: abbiamo disegnato sulle nuovissime, incredibili e totalmente fatte a mano porte di legno nella cucina e nel salone di studio.
Eravamo noi due, con la musica a palla (perché erano rimasti solo 3 bambini nella casa), in delle posizioni scomodissime a disegnare innanzitutto una casetta, dal cui comignolo usciva il cielo stellato pieno di uccelli, e successivamente lei il Piccolo Principe e io i personaggi di Ratatouille.
Quest’ultimo disegno doveva essere una sorpresa per la cuoca, ormai amica incredibile, come un ricordo di noi che cuciniamo insieme. Nel pomeriggio, sia lei che altre educatrici hanno detto che era bellissimo e questo mi ha suscitato felicità e un senso di fierezza e soddisfazione che hanno cancellato il sonno, e mi hanno scaldato il cuore.
La giornata passata così mi ha ricordato quanto mi piaccia disegnare ed è ancora piú emozionante pensare di star lasciando anche un ricordo di me qui nella casa. Mi piace pensare che queste porte disegnate possano restare per molto tempo, fin quando, con l’aiuto di architetti e ingegneri volontari non servirà farne delle nuove.
Per concludere la giornata, infine, dopo la cena e la condivisione abbiamo giocato a carte in cucina, e il modo in cui ridevamo e scherzavamo somigliava a quello dei bambini, che dopo essersi dati la buonanotte vanno a letto spensierati con il sorriso in faccia. Semplicemente felici.
Davide