Dia 20

Domenica. Sveglia presto, facce assonnate, risvegli lenti.

Dopo la colazione siamo pronti per partire: Otuzco ci aspetta a 2600 metri di quota!

Dopo esserci contati come sempre 3/4 volte, appurato che ci siamo tutti, calcoliamo come dobbiamo muoverci, sempre 3/4 volte, non si sa mai.

Ci dividiamo prima tra i taxi e poi tra due piccoli autobus che ci porteranno a destinazione.

I nostri volontari "giovani" selezionano subito la musica che ci accompagnerà nel viaggio. Per fortuna in queste settimane abbiamo trovati dei compromessi che accontentano tutti, e ci scambiamo sguardi che dicono "Eeh questa sì, bravi!".

I tragitti su quattro ruote mi piacciono sempre, sanno proprio di "viaggio". I pensieri scorrono insieme ai paesaggi che vedo dal finestrino: distese di canne, ogni tanto una bancarella, piccoli agglomerati di case, montagne spoglie, baracche abbarbicate.

Una volta usciti dalla zona urbana i cartelli gialli segnalano che iniziano i tornanti, e il paesaggio cambia: costoni rocciosi, cespugli e alberi sparsi, fiumi gialli (?)... alberi, sempre più alberi! Finalmente si vedono i fianchi delle montagne ricoperti di vegetazione, mi mancava.

Dopo circa 2 ore, a metà mattina, arriviamo a Otuzco. Nella piazza centrale ci accoglie la musica, gente che passeggia, svetta un campanile giallo, e noto con piacere che c'è il sole, il cielo è pulito, l'aria diversa.

Sarà una bella giornata.

Iniziamo a girare, chi in cerca di un caffè, chi diretto verso i mercatini. Girottiamo un po', ci affacciamo nei vicoli, scattiamo foto. Alcune strade sono semideserte, altre, quelle delle bancarelle, brulicano di persone.

I banconi di frutta sono sempre quelli che mi colpiscono di più, sono i più colorati.

La maggior parte di noi mangia all'interno del mercato centrale dove si mescolano persone, voci, odori, colori.

Ultima tappa della gita: punto panoramico. Lo raggiungiamo dopo un po' di salita e scale. Uno spiazzo che guarda dall'alto la cittadina, sullo sfondo le creste delle montagne scure, sopra nuvole sparse.

Non può mancare la grande scritta colorata che ricorda dove siamo, casomai qualcuno si fosse perso.

Gli instagramers ringrazieranno. Io ringrazio il vento, tanto vento.

Chiudo gli occhi e mi fermo lì a prenderlo in pieno, folate che mi fanno ondeggiare, una sensazione bellissima.

Dopo una breve passeggiata torniamo verso la piazza dove i bus ci aspettano per riportarci a Moche.

Mi rendo conto che non ho pensato ai bambini tutto il giorno. È stata una giornata tutta nostra.

Ci ripenso a bordo, quando i miei compagni, uno dopo l'altro, cadono nel sonno, interrotto ogni tanto da sobbalzi e sorpassi in curva.

Mi chiedo cosa stiano facendo a casa, se domandino alle educatrici dove siamo. Mi rendo conto che noi, da ospiti temporanei, stiamo vedendo cose che sicuramente loro non hanno mai visto. Nessuno li porta in gita, nessuno gli mostra e racconta le meraviglie del loro Paese.

Mi sembra ingiusto. Riusciamo a essere più fortunati di loro anche a casa loro, cavolo.

Metto da parte questi pensieri e penso invece agli abbracci che ci aspettano appena varcheremo la soglia della Casa de Tuty.

Domani si riprende.

Susanna, 39 anni, prima volta in Perù



Donare felicità agli altri è il primo passo per trovarla... forse

Giorno 17 Agosto. Domenica. Giorno di riposo, ma manco per niente perché la gita ad Otuzco chiama. 

Mi sveglio alle 7 per andare a prendere il pane per andare a fare colazione, arrivo alla tienda ma senza soldi, daamn (come direbbe la capablog) quindi torno a casa a passo svelto, prendo i 20 soles e ritorno alla tienda, prendo il pane e finalmente facciamo colazione. Ore 8.30 partiamo alla volta della pana. Primo combi e poi un altro, verso Otuzco. Viaggio memorabile, sorpassi folli e iniziamo a vedere le montagne. Un senso di malinconia un po' mi avvolge ripensando alle montagne di casa, ma queste hanno colori diversi, intensi, mai visti prima. Con stupore osservo la vegetazione ricca di piante e arbusti sconosciuti e mi vengono in mente i tanti viaggi fatti da piccolo tra le montagne. Pausa pichi e si riparte. 

Arrivati alla plaza de armas di Otuzco respiro un' aria diversa più fina e rarefatta (2600 metri circa). Era da un po' che non respiravo questo tipo di aria, pulita. Penso anche quanto i bambini del Caef sarebbero stati stupiti di questo posto, e del viaggio fatto. Un sogno che magari si avvererà un giorno. Iniziamo l'esplorazione di Otuzco e salta all'occhio subito quanto siano differenti le persone che la popolano. Più indigene, lineamenti e tratti differenti, e spesso schiene scalfite dalle salite fatte portando qualsiasi cosa. 

Ci infiliamo nel mercato centrale e tra pezzi di carne appesi e odori di cucina ci sediamo per mangiare qualcosa. Arriva Roky, così si è presentato. Un ragazzotto, con evidenti ritardi cognitivi ma che subito ha colpito la mia attenzione, e noi la sua. Ci pulisce il tavolo e seguendo le indicazioni della signora in cucina inizia a portarci i piatti con riso pollo e patate. È un classico, ma lo fa con una gioia che mi colpisce, è davvero felice nel servire degli stranieri che non ha mai visto. Mi fa anche un po' di tenerezza quando cerca di parlarci, a suo modo, perché probabilmente ha trovato qualcuno che lo ascoltasse davvero. Mi colpisce così tanto che decido di farmi una foto con lui, perché Roky non va dimenticato. Roky è uno dei tanti che vive e sopravvive ogni giorno, e ogni giorno è sempre uguale, ma mi piace pensare che oggi, per quella mezz'oretta gli abbiamo lasciato un bel ricordo come lui lo ha lasciato a me. 

Finito il pranzo lasciamo il mercato e un gruppetto di stacca per andare al belvedere, un posto panoramico dove vedere la bellezza di Otuzco dall'alto. Invece io e altri ci fermiamo per un gelato nella piazza. Mentre aspettiamo gli scalatori arriva Poldino (così nominato da Elisa) un cagnolino piccino che subito trova in Elisa un rifugio sicuro. Poldino non lo sa ma anche a lui forse abbiamo dato un sorriso in più, una carezza in più che lo ha scostato dalla sua quotidianità fatta di ricerca di cibo e affetti. 

Ricomposto il gruppo ci risediamo sul combi che vola sulle discese, e tra una canna di zucchero e bananine ci ritroviamo a Trujillo e poi al Caef per concludere il nostro week end con una cena tra noi volontari. Condivisione serale e a nanna a ricaricare le batterie per l'ultima settimana.

Questo blog lo dedico a Roky e Poldino, non vi dimenticherò. A presto.

Simone


Descansar a Otuzco

Dopo una settimana intensa tra scuola, formazione, compiti, giochi e lavoretti di restyling del patio, ecco arrivare il meritato giorno di riposo. 

Questo weekend abbiamo deciso di spostarci dal caos cittadino e salire verso le montagne. 

Destinazione: Otuzco, un paese incuneato tra i monti preandini.

La nostra avventura è iniziata con il reperire un mezzo di trasporto adatto. Dopo una serrata contrattazione del prezzo con una signora molto risoluta, siamo saliti su due combi.Finalmente inizio a capire l'arte della contrattazione peruviana! È stato divertente "fare affari" per la strada.

I due veicoli ci hanno accompagnato in un viaggio di due ore dove tutti siamo rimasti affascinati dal cambio di paesaggio. 

Ci siamo lasciati indietro il traffico dei lunghi viali per salire sempre di più, su strade sempre più tortuose e in salita, ogni tanto in allerta per la guida un po' troppo sportiva dell'autista.

Montagne brulle, di roccia nera e marrone con una vegetazione bassa per poi passare finalmente a qualche traccia di bosco.  

Si sale ancora, la pressione dell'aria cambia, gli odori cambiano, fino a 2600 metri. 

Scendiamo davanti alla cattedrale di Otuzco intorno alle 12, mentre ancora c'è la messa. 

Otuzco é conosciuta come la "capital de la fe", la capitale della fede, ed infatti ci ritroviamo in una piazza colorata, piena di persone vestite per la domenica.

Il paese è piccolo e possiamo girare tranquillamente; una passeggiata tra le viuzze con le facciate variopinte, i banchetti di frutta e verdura e carretti di pane.

Camminiamo e camminiamo, riempiendoci gli occhi di ogni angolo, di ogni prodotto sconosciuto sui banchi del mercato, di ogni viso così particolare e intenso. Noto il modo in cui ci guardano, meravigliati dalla nostra altezza o colori. Siamo effettivamente gli unici europei in giro per il paese. 

Mi colpiscono molto le donne, vestite con abiti coloratissimi, rigorosamente con gonnelloni, ma con dei volti segnati dal sole e dal vento delle montagne, con le schiene piegate, sulle quali portano piante selvatiche o bambini, avvolti in una fascia.

 Intanto continuiamo a camminare, e saliamo a piedi fino al punto panoramico del Cerro Chologday. 

Il vento si fa sentire in tutta la sua freschezza dopo diverse rampe di scalinate di pietra. 

Pulisce i pensieri e alleggerisce il carico emotivo degli ultimi giorni.

In serata torniamo a casa stanchi dal weekend, colmi di nuove esperienze.

Terminiamo la giornata con l'ormai consueta condivisione e mi piace chiudere con la riflessione di Greta, la quale risuona molto anche per me: "Otuzco é la metafora del mio percorso. Un paese pieno zeppo di salite, ma quando meno te l'aspetti ti ritrovi su una via in discesa a sorpresa. Un luogo a volte caotico e pieno di colori, di mille cose... ma anche con momenti belli, di pace".

Claudia




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